Marco Mengoni conquista il 73simo Festival della Canzone Italiana. Una vittoria praticamente annunciata soprattutto dopo la serata cover di venerdì, che, affiancato dal coro gospel e intonando Let it be, gli ha aperto un’autostrada tutta spianata verso il trionfo.
La finale. L’ultima sera dal palco musicale più seguito e amato d’Italia. Il sabato sera che unisce le generazioni nel senso della musica, qualsiasi genere il consumatore preferisca. Un momento che ha abbracciato leggende come Ornella Vanoni e Gino Paoli. Il televoto impazzisce in queste ultime ore. Storie, TikTok e post disparati che affollano le nostre bacheche dicendo la bellezza della canzone italiana. Il modello Amadeus domina per popolarità assoluta.
Lo racconta pure il dato record particolare di quest’anno. A fronte di un calo dei telespettatori, incollati al piccolo schermo, in favore della diretta streaming e del mondo dei social, la 73sima edizione della Kermesse vede superare ogni sera il 60% di share e raggiungere più dei 10 milioni e mezzo di spettatori medi. La serata delle cover ha raccolto ponderatamente una media di 11121000 spettatori con uno share del 66,5%, mentre nella prima parte della serata è arrivata al picco di più di 15 milioni di audience. L’anno scorso il dato per la prima parte della serata era più bassa e la media di tutta la quarta serata più alta, ma questo conferma le parole di oggi in conferenza in merito al fatto che l’anno 2023 vede questo come il più social di sempre. Con le interazioni generate nella quarta giornata (9,7 milioni) il totale generato è di 38,5 milioni (+ 15% rispetto al dato complessivo finale del 2022). Complice probabilmente pure l’apporto di Chiara Ferragni col nuovo profilo Instagram di Amadeus, complice la competizione del Fantasanremo, ma è innegabile che ormai si sia trovata da alcuni anni la formula vincente. Sui numeri della finale ad occhio nudo il 2022 porta un dato di audience più alto di quello della Kermesse appena conclusa, con uno share in media più alto perché più basso è ormai il dato dei consumatori di televisione. Come detto prima, è proprio questa la prima analisi da fare: ormai anche il Festival vive il trasloco verso le nuove piattaforme, che in un modo o nell’altro raggiungono sempre tutti.
È stata un’edizione che ha avuto un po’ di particolarità intrinseche.
Il primo aspetto sta nei concorrenti in gara. Almeno la metà era esordiente sul palco dell’Ariston, si pensi ad Ariete, Lazza, Colla Zio, gIANMARIA, LDA, Mara Sattei, Mr Rain, Olly, Will, Rosa Chemical, Sethu, Shari e Leo Gassmann (non contando l’esperienza nelle Nuove Categorie di qualche anno fa). Accanto a loro c’erano personaggi con curriculum importanti che hanno mancato la partecipazione alla Kermesse per molti anni. Pensiamo ad Anna Oxa, mancante da dodici anni e con due vittorie alle spalle (1989 in coppia con Fausto Leali e 1999), Marco Mengoni, mancante da dieci anni e con una vittoria alle spalle in quello stesso anno, Giorgia, mancante da ben 22 anni e con una vittoria alle spalle nel 1995, Paola e Chiara, mancanti da 18 anni e ben note a tutti gli audience appetitosi di innovazioni musicali, Gianluca Grignani, mancante da otto anni e noto per la sua stravaganza con poche genialate musicali, e i Modà, mancanti da dieci anni e con buoni piazzamenti nelle loro partecipazioni. Addirittura c’erano nomi notissimi nel panorama italiano, che hanno emozionato e fatto vivere storie importanti, per la prima volta sul palco più prestigioso della canzone in Italia. I due più evidenti erano i riappacificati Articolo31 e i Cugini di Campagna.
La conduzione e direzione artistica ci ha abituato a vivere questa mescolanza, con grande prevalenza verso la novità, tra la tradizione e l’innovazione, tra voci conosciute al grande pubblico e voci note a contesti più contenuti per età o per generi.
Senza dubbio, un aspetto non secondario nelle edizioni di Amadeus è nell’omaggio e onore alle ospitate di nomi grossi per celebrarne la grandezza. Si pensi a Ornella Vanoni e Gino Paoli, due colonne della musica leggera nel nostro paese, oppure a Peppino Di Capri, premiato alla carriera, oppure ancora alla celebrazione dovuta e meritata a Massimo Ranieri e Al Bano. L’onda delle ospitate si vede pure nell’affiancamento alla conduzione con il poker femminile: da evidenziare soprattutto Paola Egonu, che tocca con grande umiltà e confidenza il tema del razzismo e dell’integrazione, e Chiara Francini, che si concentra sulla vita di una donna con un figlio a cui chiede scusa per un mondo che gli potrebbe fare del male.
Nel merito di come si è chiusa la gara, Mengoni, come già detto, è stato incoronato Re di Sanremo con una corona creata dall’aria, ovvero da quell’aura che, senza aver sentito ancora niente, lo vedeva come il migliore. I premi della critica “Mia Martini” e della Sala stampa “Lucio Dalla” a Colapesce e Dimartino sono un po’ eccessivi. Si tratta sempre della stessa solfa, la stessa melodia, lo stesso copione della loro ultima partecipazione con quel noto tormentone “Musica leggerissima”. Come per questi, anche sul premio per il miglior testo “Sergio Bardotti” dato a Coma_Cose penso che ci sia una forzatura: c’erano canzoni in gara che meritavano ben di più.
Una interessantissima sorpresa è stata nella top five, vedendo Lazza, Tananai e Mr Rain arrivarci con merito e grazie all’affetto di un pubblico che è cresciuto nei generi e negli stili musicali ascoltati. Un dato curioso è anche nei voti assegnati ai cantanti. Dal televoto infatti risulta che Mengoni sia stato votato dal 32%, sono seguiti Ultimo col 22%, Lazza col 18,2%, Mr Rain con poco meno del 18% e Tananai con l’11%. Lo schiacciante verdetto evidentemente è stato dato dalla sala stampa: Mengoni ha avuto un totale di voti pari al 45,5%.
Ho letto nelle ultime ore lamentele circa il fatto che nella top five, che al termine si è combattuta il titolo di vincitore di questo 73simo Festival di Sanremo, mancavano cantanti donne. Ora, si comprende tutto benissimo, come ci sono bravissimi interpreti uomini, ci sono pure grandissimi nomi femminili, che hanno fatto leggendaria nel loro la storia della Kermesse e quest’anno concorrevano. È decisamente esagerato raccontare di un Festival maschilista o di giudizi tra televoto e giuria demoscopica maschilisti. Esistono troppe cose di sistema che irritano e non è possibile limitare la discussione e l’ascolto a questioni così fuorvianti.
Ultimo cavillo su cui è necessario dire due parole è sul coinvolgimento di questo Festival. Non si può certo negare che, alla fine, pure tutti quelli che dicono che si stufano di questa particolare settimana dell’anno un minimo se ne interessano e magari pure si trovano il pezzo o il cantante che più lo colpisce. Forse qui risiede la magia di Sanremo.
L’altro coinvolgimento è quello che la politica continua a fare. L’ultima che adesso sarà all’ordine del giorno e motivo di rabbia della maggioranza di governo è proprio il sipario del finto atto sessuale e del bacio tra Rosa Chemical e Fedez, che, per quanto il primo sia stato un’esplosione di volgarità ed esagerazione ai limiti, era esprimere con un gesto incisivo la libertà dei corpi e di amare. L’influenza della politica alla Kermesse viene paradossalmente criticata da chi si diverte a lamentarsene e segue quasi con ossessione la Kermesse per trovare l’appiglio che serve ai propri scopi. Su questo si consideri Paola Egonu nel suo monologo oppure la lettura della lettera di Zelensky, che non può essere il messaggio totalizzante contro tutte le guerre perché si deve ricordare che il mondo è insanguinato praticamente in tutti i continenti da lacerazioni conflittuali forti. A causa dell’esibizione di Fedez dalla Costa Smeralda, si è riaccesa la tensione sull’argomento RAI. Chissà se porterà a un nuvolone peggiore ancora di quello che si stava aizzando dopo quel Primo Maggio in cui ancora Fedez si era ribellato alla prepotenza di una dei dirigenti?!
Su questi ultimi aspetti credo che l’impegno sociale del Festival sia un modo di avvicinare la musica, i suoi interpreti e tutto quel mondo talvolta pieno zeppo di lussi al mondo reale.
Sanremo però è come il Mal d’Africa; a lungo andare ci manca.
Alessandro Ritella
11 feb 2023
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